martedì 12 giugno 2012

Flashback: The Flu Game


Sono passati esattamente 15 anni. Ma ce lo ricordiamo tutti, o quasi, come fosse ieri. Era l'11 giugno 1997, siamo alle Finals Nba. Di fronte ci sono i Chicago Bulls di Michael Jordan e Phil Jackson e gli Utah Jazz della coppia Stockton-Malone. La serie è impattata sul 2-2 dopo le due vittorie consecutive della squadra di Jerry Sloan.
Ricorda di svegliarsi nel cuore della notte, sudato, tremante, e sentirsi come se stesse per morire. "Avevo paura, non sapevo cosa mi stava succedendo", disse MJ. In un primo momento pensò che fosse un incubo. Poi si rese conto che era tutto vero, che si sentiva veramente male, come mai prima.
Quando si alzò dal letto nella sua stanza d'albergo dello Utah, la testa cominciò a girare. Sentiva inoltre un forte senso di nausea. Temeva che, in qualche modo, qualcuno avesse infilato qualche tipo di droga in quello che aveva mangiato.
Il medico subito dopo stabilì che si trattava di intossicazione alimentare o di un virus intestinale. "Non c'è alcuna possibilità che tu scenda in campo per gara 5" gli disse.
Michael rimase a letto le successive 24 ore, saltando i due allenamenti prima della gara. Aveva perso parecchi chili. Era disidratato. Alle ore 15, giusto 3 ore prima della palla a due, si alzò dal letto e si trascinò verso il Delta Center.
Alle 16.30 Scottie Pippen lo vide emergere da una porta laterale della palestra. "Ho visto il suo sguardo, ho visto i suoi occhi. Pensavo che non fosse in grado neanche di indossare la divisa da gioco" disse il numero 33.
Jordan si rinchiude in una stanza buia adiacente allo spogliatoio dei Bulls.Stende lentamente il suo corpo e chiude gli occhi. E comincia a visualizzare se stesso nella sua mente mentre corre, tira, passa la palla, prende i rimbalzi, schiaccia. Ben presto esce dalla stanza, barcollando lentamente. Indossa la divisa numero 23 e si dirige verso il parquet. Debole e pallido.
"I can play" disse a Coach Phil Jackson. "Ti farò sapere come mi sento mentre il gioco va avanti".
All'inizio della contesa MJ si trascina avanti e indietro lungo il campo, correndo soltanto al 60% della sua normale velocità. Si sentiva così disidratato e affaticato che non aspettava altro che svenire. Verso la fine del primo quarto, durante un time-out, si piega su una sedia della panchina dei Bulls, con le braccia a penzoloni e le spalle cadenti.
"Riusciva a stento a stare seduto" ricorda Luc Longley.
E' sostanzialmente un fantasma nel primo periodo, ma nel secondo quarto, dopo che i Jazz erano andati avanti di 16, succede qualcosa in Jordan. Emotivamente, fisicamente e psicologicamente.
Comincia a correre come una volta, a segnare in sospensione, era lo stesso Air Jordan che dominava gli avversari. Segnò 17 punti nel secondo quarto.
"It was all about desire" raccontò ai media nel fine partita. "Somehow I found the energy to stay strong".
Alla fine del primo tempo viene reidratato e fornito di asciugamani freddi ma nel terzo quarto la stanchezza e la nausea lo buttano giù nuovamente, rendendolo praticamente inerme. Ma la storia si ripete.
All'inizio del quarto periodo, con i Jazz avanti 77-69, MJ torna come nuovo, trascinando Chicago ad un parziale di 10-0 che li porta in vantaggio a 5 minuti dal termine. Cominciò con un tiro in sospensione dalla media, poi una bomba sua e una di Kukoc, portarono il punteggio sul 77 pari. Poi un altro jumper dalla media in faccia a Russell per il 79-77. Jordan aveva collezionato 33 punti. Una cifra incredibile per un uomo in quelle condizioni.
Nell'ultimo minuto di gioco realizza 1/2 ai liberi, segnando il primo ma sbagliando il secondo. Poco male, ci pensa Toni Kukoc a sporcare il rimbalzo con il possesso che rimane ai Bulls. Il tabellone recita 85-85.
MJ dà la palla a Pippen per iniziare il gioco, palla a Kukoc, Michael si smarca e riceve in punta. Chiaramente esaurito, chiaramente debole. Con le braccia a penzoloni, come un pezzo di corda. Finta un passaggio e poi la cede a Pippen in post. Russell accenna il raddoppio su Pippen che la ripassa a Jordan aperto sul perimetro. Spara da oltre la linea dei tre punti con la mano destra di Stockton in faccia. Mancano 26 secondi.
La palla accarezza soltanto la retina.
Chicago 88, Jazz 85. Il suo punto numero 15 nell'ultimo decisivo quarto. 38 punti totali. Conditi da 7 rimbalzi e 5 assist.
Finisce 90 a 88 per i Bulls che si avvicinano così al Titolo. Jordan si piega in due, collassa a terra per la stanchezza e per l'emozione.
"E' stata probabilmente l'impresa più difficile che abbia mai compiuto" disse a fine partita.
Phil Jackson: "Questo è stato uno sforzo eroico, il solo stare in piedi era per lui causa di nausea e vertigini. Uno sforzo da aggiungere alla collezione di imprese che compongono la sua leggenda."